martedì 18 maggio 2010

Cannes: Godard e Film Socialisme, peso del tempo e della memoria



CANNES (18 maggio) - Com’era da aspettarsi Jean-Luc Godard non è venuto a Cannes, in compenso ha inviato due lettere. La prima è indirizzata al direttore Thierry Frémaux, al distributore internazionale Wild Bunch e al produttore Vega Film. «Con il Festival andrei fino alla morte, ma non farò un passo in più» scrive Godard nella sua inconfondibile calligrafia. Nel biglietto, anticipato dal quotidiano Libération, anche due immagini: il regista giapponese di Viaggio a Tokyo, Yasujiro Ozu, e Stanlio e Ollio; in mezzo un fotogramma con un vocativo dal sapore beffardo: «O cervelli infantili».

In un secondo biglietto, per il solo Frémaux, Godard allude a non meglio specificati «problemi di tipo greco» (tragedia classica o crisi economica?). E la Grecia è anche al centro della vera “lettera” inviata al Festival, che naturalmente è il suo atteso quanto criptico Film Socialisme, proiettato al Certain regard in un’atmosfera di attento e silenzioso stupore. Come in Un film parlato di Manoel de Oliveira, curiosamente, quasi tutto si svolge a bordo di una nave da crociera che solca il Mediterraneo. Ma Godard ha tagliato da tempo i ponti col cinema narrativo e in Film Socialisme i personaggi servono solo a portare avanti una riflessione disseminata in forma di dubbi, quesiti, aforismi, citazioni delle più varie provenienze (storia, filosofia, letteratura, politica...). “Montati” in un dialogo continuo con le immagini, nella convinzione che il cinema serva a pensare meglio, ovvero a mettere a fuoco concetti e problemi altrimenti nascosti («Soprattutto non parlare: mostrare. Non parlare dell’invisibile: mostrarlo»).

A sentire Godard si tratta di «una sinfonia in tre movimenti». Nel primo compaiono una serie di passeggeri apparentemente in vacanza, un filosofo (Alain Badiou), un ambasciatore palestinese (Elias Sanbar), una cantante americana (Patti Smith), un ex criminale di guerra, un agente segreto. Nel secondo, semplificando, diversi bambini chiedono ai genitori (figure abbastanza inconsuete nel cinema di Godard) di spiegare parole come libertà, uguaglianza, fraternità. Il terzo infine è dedicato a sei luoghi mitici da «liberare e federare» (Egitto, Palestina, Odessa, Grecia, Napoli, Barcellona) se si vuole fare davvero l’Europa (la polemica contro l’Europa delle merci e del denaro scorre lungo tutto il film).

Chi conosce l’ultimo Godard sapeva insomma cosa aspettarsi, qua e là anche troppo. Ma si capisce la scelta di mettere Film Socialisme su Internet in contemporanea col passaggio al festival. Non è un’opera da vedere una volta, ma un lavoro da guardare e consultare a più riprese (Godard, piuttosto scettico sul web e sull’era digitale in genere, è un fan di YouTube e della sua visione frammentata). A una prima visione si impongono una serie di battute molto godardiane naturalmente: «Il denaro è stato inventato per non guardare la gente negli occhi». Oppure: «La novità è che oggi anche i mascalzoni sono sinceri». E ancora: «Non si parla con chi usa il verbo essere. Usate il verbo avere e tutto andrà meglio in Francia» (ma questo probabilmente è Balzac, uno degli autori citati accanto a Sartre, Benjamin, Derrida, Bergson, Genet, Christa Wolff, e molti altri).

A emergere con forza è l’estrema solitudine di un grande cineasta che ha scelto una strada senza ritorno e preferisce ormai elaborare immagini altrui (come quei trapezisti, presi da un film della Varda, usati come metafora di quello che dovrebbero fare israeliani e palestinesi); o lavorare di accostamenti, intarsi, elaborazioni, insomma montaggio, nel senso più ampio del termine. Vedi la nave da crociera che scarica i suoi passeggeri a Odessa, inevitabilmente accostata alle scolaresche in gita sulla scalinata resa immortale dalla Corazzata Potemkin, ma anche a immagini dello stesso film di Eisenstein (e di Ottobre), a comporre una vertiginosa riflessione sulla Storia, sul peso del tempo e della memoria, sulla nostra capacità (o incapacità) di imparare dal passato, che declinato nei modi più diversi è forse il tema dominante del Festival.





fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=102519&sez=HOME_CINEMA

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